Ricerca e sviluppo: credito imposta e aspetti penali

Con Legge n. 160/2019, art. 1, commi 198-209, il Legislatore ha previsto un credito d’imposta, “per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2022, per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative[1].

  1. Requisiti, beneficiari e spese ammissibili

Al credito, possono accedere “tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito dell’impresa, che effettuano investimenti in una delle attività ammissibili” definite nei successivi commi 200, 201 e 202.

Ai sensi del comma 199, sono escluse dall’accesso a detto beneficio, le imprese in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale, altra procedura concorsuale prevista dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dal Codice della crisi e dell’insolvenza, o da altre leggi speciali o che abbiano in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni. Sono, inoltre, escluse le imprese destinatarie di sanzioni interdittive ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

La fruizione del beneficio spettante è subordinata alla condizione del rispetto delle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro applicabili in ciascun settore e al corretto adempimento degli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori.

Per la spettanza di detta agevolazione, è necessario che l’impresa abbia sostenuto costi relativi alle attività di:

  1. Attività di ricerca e sviluppo ammissibili: intese come “le attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico”.
  • «ricerca fondamentale»: lavori sperimentali o teorici svolti soprattutto per acquisire nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni commerciali dirette;
  • «ricerca industriale»: ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze e capacità, da utilizzare per sviluppare nuovi prodotti, processi o servizi o apportare un notevole miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti. Essa comprende la creazione di componenti di sistemi complessi e può includere la costruzione di prototipi in ambiente di laboratorio o in un ambiente dotato di interfacce di simulazione verso sistemi esistenti e la realizzazione di linee pilota, se ciò è necessario ai fini della ricerca industriale, in particolare ai fini della convalida di tecnologie generiche;
  • Per «sviluppo sperimentale» si intende, l’acquisizione, la combinazione, la strutturazione e l’utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale e di altro tipo allo scopo di sviluppare prodotti, processi o servizi nuovi o migliorati. Rientrano in questa definizione anche altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi o servizi. Rientrano nello sviluppo sperimentale la costruzione di prototipi, la dimostrazione, la realizzazione di prodotti pilota, test e convalida di prodotti, processi o servizi nuovi o migliorati, effettuate in un ambiente che riproduce le condizioni operative reali laddove l’obiettivo primario è l’apporto di ulteriori miglioramenti tecnici a prodotti, processi e servizi che non sono sostanzialmente definitivi. Lo sviluppo sperimentale può quindi comprendere lo sviluppo di un prototipo o di un prodotto pilota utilizzabile per scopi commerciali che è necessariamente il prodotto commerciale finale e il cui costo di fabbricazione è troppo elevato per essere utilizzato soltanto a fini di dimostrazione e di convalida. Lo sviluppo sperimentale non comprende tuttavia le modifiche di routine o le modifiche periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione e servizi esistenti e ad altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti.

Le lettere a), b), c), d), e) ed f), del comma 200, dell’art. 1, L. 160/2019, indicano le categorie di spesa per le quali è ammesso richiedere il credito di imposto. Quali, tra le altre: le spese di personale relative ai ricercatori e ai tecnici titolari di rapporto di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o altro rapporto diverso dal lavoro subordinato, direttamente impiegati nelle operazioni di ricerca e sviluppo svolte internamente all’impresa; le quote di ammortamento, i canoni di locazione finanziaria o di locazione semplice e le altre spese relative ai beni materiali mobili e ai software utilizzati nei progetti di ricerca e sviluppo anche per la realizzazione di prototipi o impianti pilota; le spese per contratti di ricerca extra muros aventi ad oggetto il diretto svolgimento da parte del soggetto commissionario delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta; le quote di ammortamento relative all’acquisto da terzi, anche in licenza d’uso, di privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, nel limite massimo complessivo di 1.000.000 di euro e a condizione che siano utilizzate direttamente ed esclusivamente per lo svolgimento delle attività inerenti ai progetti di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta; le spese per servizi di consulenza e servizi equivalenti inerenti alle attività di ricerca e sviluppo; le spese per materiali, forniture e altri prodotti analoghi impiegati nei progetti di ricerca e sviluppo.

  1. Altre attività di innovazione tecnologica ammissibili: si intendono le attività, diverse da quelle indicate nel comma 200, finalizzate alla realizzazione di “prodotti” o “processi di produzione” nuovi o sostanzialmente migliorati. Per “prodotto o processo di produzione nuovo o sostanzialmente migliorato” si intende un bene materiale o immateriale o un servizio o un processo che si differenzia, rispetto a quelli già realizzati o applicati dall’impresa, sul piano delle caratteristiche tecnologiche o delle prestazioni o dell’ecocompatibilità o dell’ergonomia o per altri elementi sostanziali rilevanti nei diversi settori produttivi. Le successive lettere a), b), c) d) ed e) di cui al comma 201, art. 1, L. cit, individuano, similmente a quanto previsto dal precedente comma 200, le categorie di spesa per le quali è ammessa la richiesta di accesso al credito d’imposta, one evitare di appesantire troppo il testo, si rimanda direttamente al contenuto del comma 201.

N.B. Non sono considerate attività di innovazione tecnologica ammissibili al credito d’imposta le attività di routine per il miglioramento della qualità dei prodotti e in generale le attività volte a differenziare i prodotti dell’impresa da quelli simili, presenti sullo stesso mercato concorrenziale, per elementi estetici o secondari, le attività per l’adeguamento di un prodotto esistente alle specifiche richieste di un cliente nonché le attività per il controllo di qualità e la standardizzazione dei prodotti.

  1. Attività innovative ammissibili: intese per tali, le attività di design e ideazione estetica svolte dalle imprese operanti nei settori tessile e della moda, calzaturiero, dell’occhialeria, orafo, del mobile e dell’arredo e della ceramica, per la concezione e realizzazione dei nuovi prodotti e campionari. Analogamente ai precedenti, il comma 202, individua le categorie di spese ammissibili, pertanto, anche qui si rimanda al testo dello stesso.

 

  1. Misura del credito d’imposta

Il comma 203 individua la misura del credito d’imposta, che varia a seconda del tipo di attività ammessa al beneficio:

  1. Per le attività di ricerca e sviluppo previste dal comma 200, il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari al 20% della relativa base di calcolo, assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti per le stesse spese ammissibili, nel limite massimo di 4 milioni di euro, ragguagliato ad anno in caso di periodo d’imposta di durata inferiore o superiore a dodici mesi.
  2. Per le attività di innovazione tecnologica previste dal comma 201, il credito d’imposta è riconosciuto, separatamente, in misura pari al 10% della relativa base di calcolo, assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti sulle stesse spese ammissibili, nel limite massimo di 2 milioni di euro, ragguagliato ad anno in caso di periodo d’imposta di durata inferiore o superiore a dodici mesi.
  3. Per le attività di design e ideazione estetica previste dal comma 202, il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari al 10% della relativa base di calcolo, assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti sulle stesse spese ammissibili, nel limite massimo di 2 milioni di euro, ragguagliato ad anno in caso di periodo d’imposta di durata inferiore o superiore a dodici mesi.
  4. Per le attività di innovazione tecnologica previste dal comma 201 finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati per il raggiungimento di un obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0, individuati con il decreto del Ministro dello sviluppo economico previsto dal comma 200, il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari al 15% della relativa base di calcolo, assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti sulle stesse spese ammissibili, nel limite massimo di 2 milioni di euro, ragguagliato ad anno in caso di periodo d’imposta di durata inferiore o superiore a dodici mesi”.

 

  1. Modalità d’utilizzo

Il credito d’imposta per R&S potrà essere utilizzato esclusivamente “in compensazione”, in tre quote annuali di pari importo, a partire dal periodo successivo a quello di maturazione, subordinatamente all’avvenuto adempimento degli obblighi di certificazione delle spese sostenute: il comma 205, stabilisce infatti che “l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall’impresa devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti. Per le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, la certificazione è rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti, iscritti nella sezione A del registro di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39.”.

 

  1. La relazione tecnica

Le imprese beneficiarie del credito d’imposta sono tenute a redigere e conservare una relazione tecnica asseverata che illustri le finalità, i contenuti e i risultati delle attività ammissibili svolte in ciascun periodo d’imposta in relazione ai progetti o ai sotto-progetti in corso di realizzazione, che dovrà essere predisposta a cura del responsabile aziendale delle attività ammissibili o del responsabile del singolo progetto o sotto-progetto e controfirmata dal rappresentante legale dell’impresa.

 

  1. Cumulabilità

Si sottolinea che il credito d’imposta in discorso è cumulabile con altre ulteriori agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, con l’unica condizione che tale cumulo non porti al superamento del costo (investimento) sostenuto.

 

  1. Estensione e maggiorazione per le imprese che operino in alcune specifiche Regioni d’Italia

Con Legge n. 178/2020, il Legislatore ha previsto una estensione con maggiorazione per il periodo 2021-2022, al fine di incentivare più efficacemente l’avanzamento tecnologico dei processi produttivi e gli investimenti in ricerca e sviluppo delle imprese operanti nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. In particolare, il credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, compresi i progetti di ricerca e sviluppo in materia di COVID-19, direttamente afferenti a strutture produttive ubicate nelle suddette regioni, spetta, per gli anni 2021 e 2022, alle seguenti categorie di imprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003:

  1. nella misura del 25% per le grandi imprese, che occupano almeno 250 persone e il cui fatturato annuo è almeno pari a 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio è almeno pari a 43 milioni di euro;
  2. nella misura del 35% per le medie imprese, che occupano almeno 50 persone e realizzano un fatturato annuo di almeno 10 milioni di euro;
  3. nella misura del 45% per le piccole imprese, che occupano meno di 50 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro.

 

  1. Controlli

Nell’ambito delle ordinarie attività di accertamento, l’Agenzia delle entrate (AE), sulla base dell’apposita certificazione della documentazione contabile e della relazione tecnica previste dai commi 205 e 206 nonché sulla base della ulteriore documentazione fornita dall’impresa, effettua i controlli finalizzati alla verifica delle condizioni di spettanza del credito d’imposta e della corretta applicazione della disciplina.

Nel caso in cui l’AE accerti l’indebita fruizione anche parziale del credito d’imposta, essa provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge, fatte salve le eventuali responsabilità di ordine civile, penale e amministrativo a carico dell’impresa beneficiaria.

È previsto che, qualora nell’ambito delle verifiche e dei controlli, si rendano necessarie valutazioni di carattere tecnico in ordine all’ammissibilità di specifiche attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica o di altre attività innovative nonché in ordine alla pertinenza e alla congruità delle spese sostenute dall’impresa, l’Agenzia delle entrate possa richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere un proprio parere.

 

  1. Profili di responsabilità per indebito utilizzo in compensazione

Sul piano della legislazione tributaria, il regime sanzionatorio relativo all’indebito utilizzo in compensazione di crediti d’imposta “non spettanti” o “inesistenti”, è approntato dall’art. 13 del D. Lgs. n. 471/1997.

Ratio della norma poc’anzi citata è quella di contrastare una artificiosa rappresentazione dei crediti che possano ostacolare o vanificare i controlli dell’amministrazione finanziaria.

Sotto questo profilo, assume particolare rilievo la distinzione normativa tra “credito non spettante” e “credito inesistente”.

Rispetto alla prima categoria, stante il disposto dell’art. 13, comma 4, D. Lgs. cit., si rileva l’esistenza del credito d’imposta il quale tuttavia sia utilizzato “in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti”. In questo caso si applicherà la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato.

Rispetto alla seconda categoria di crediti (quelli “inesistenti”), in base al disposto dell’art. 13, comma 5, D. Lgs. cit., si intende per “inesistente” il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile attraverso controlli automatizzati (articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) ovvero mediante riscontri formali (articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633). E si connota per il riconoscimento da parte del Legislatore, di un maggiore disvalore (dunque, maggiore gravità) dei relativi comportamenti, essendo di fatto prevista la più gravosa sanzione dal 100% al 200% della misura dei crediti stessi. Con altresì esclusione della definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

Sul fronte penale, il delitto di indebita compensazione è disciplinato dall’art. 10-quater del D. Lgs. n. 74/2000.

Tale norma sanziona, al primo comma, con la pena della reclusione da 6 mesi a 2 anni, chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, crediti non spettanti per un importo annuo superiore a 50.000 euro. E al secondo comma, con la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni, chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, crediti inesistenti per un importo annuo superiore a 50.000 euro.

Nella prima ipotesi, la norma mira a contrastare l’indebito utilizzo della procedura di compensazione. Nella seconda ipotesi, l’intervento legislativo mira a contrastare i comportamenti commissivi del contribuente che si sia avvalso di documentazione ideologicamente falsa oppure di un’assenza dei requisiti richiesti per la spettanza del credito. Quanto detto, giustifica la reazione maggiormente afflittiva, con sanzione più grave, in presenza di una illegittima compensazione, concretizzatasi nella indicazione nel Modello F24 di crediti insussistenti.

Ai fini dell’integrazione del delitto in discorso, è richiesto l’elemento del dolo generico, consistente nella coscienza e volontà dell’omesso versamento in favore dell’Erario delle somme ad esso dovute, tramite l’uso di crediti dei quali il contribuente ha consapevolezza della non spettanza ovvero della relativa inesistenza. Il tutto, unitamente al superamento della soglia di punibilità fissata dal Legislatore in euro 50.000 annui.

Orbene, secondo la giurisprudenza della Cassazione (Cass. pen., Sez. III, 5934/2019), la consistente entità del credito (“inesistente”) costituisce indice rivelatore della coscienza e volontà del contribuente, di conseguire un risparmio di spesa, in termini di risparmio di imposta, attraverso l’indicazione di una artificiosa consistenza creditoria.

Nell’ipotesi di credito non spettante, sarà invece necessaria la prova della consapevolezza del contribuente, che il credito in discorso, fosse non utilizzabile.

La distinzione tra “credito non spettante” e “credito inesistente” rileva anche ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 13 del D. Lgs. n. 74/2000, e che contempla la possibilità per il contribuente di definire rapidamente la propria posizione “se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso”. In particolare, detta norma si applica solo con riferimento ai casi di “non spettanza” del credito.

Per i più gravi casi di indebito utilizzo di credito d’imposta per inesistenza del credito, è dunque escluso per il contribuente, l’accesso a misure premiali.

 

  1. Aspetti critici della disciplina del credito d’imposta R&S

Requisito fondamentale per la spettanza del credito d’imposta, è costituita dall’elemento della “novità”.

A riguardo, si osserva che trattasi, come ha sottolineato l’AE con risoluzione 40/E/2019, di una novità “oggettiva”. In altri termini il contribuente non deve effettuare una valutazione soggettiva rispetto al suo preesistente, ma deve dar luogo a spese che comportano cambiamenti, miglioramenti caratterizzati da conoscenze nuove per il settore.

Il credito d’imposta consegue in maniera automatica attraverso l’esercizio di valutazioni tecniche complesse che richiedono conoscenze specifiche. La stessa AE può richiedere, a tal proposito, apposito parere al Ministero dello Sviluppo Economico, nei casi dubbi. In presenza di errori sui requisiti. la buona fede del contribuente costituirà elemento utile per richiedere la disapplicazione delle sanzioni ex art. 10, comma 3, della legge 212/2000 (Statuto del Contribuente) e art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 472/1997[2].

Laddove il sindacato negativo sul credito d’imposta discenda da questioni interpretative e cioè dall’assenza di requisiti oggettivi di incerta valutazione tecnica, si dovrebbe considerare il credito, non inesistente, bensì non spettante, con riflessi ipotizzabili anche sul piano penale per l’accesso agli istituti premiali.

La ripresa fiscale del credito d’imposta darà luogo ad un provvedimento impositivo: “atto di recupero credito” che segue le regole dell’accertamento, che può essere quindi impugnato e che deve essere motivato con riferimento alle ragioni giuridiche e ai presupposti (cfr. Cass. ord. nr. 9437/2020).

a cura del Dott. Marco Accardo

BIBLIOGRAFIA

[1]          Il credito d’imposta R&S fu originariamente introdotto dall’art. 3, del D. L. n. 145/2013, e ridisegnato dall’art. 1 comma 35, della Legge n. 190/2014 (Legge di stabilità 2015). Detto credito d’imposta, ha coperto l’arco temporale, dal 2014 al 2019. A decorrere dal periodo d’imposta 2018, è stato introdotto, per il contribuente, l’obbligo di certificazione delle spese agevolate, subordinando a ciò la fruizione del credito in parola. Con l’onere altresì di redigere e conservare una “relazione tecnica” illustrativa delle finalità, dei contenuti e dei risultati, delle attività di ricerca e sviluppo svolte.

[2]          In questo senso anche G. Formica, D. Lillo, L’incerto sistema sanzionatorio dell’indebito uso dei crediti d’imposta, in Fisco, fascicolo nr. 6, Wolters Kluwer, CEDAM, Milano, 2021, pp. 546 e ss.